Il destino di una Sagra

Una tradizione che è un legame con le nostre origini: un legame culturale perchè rivela la nostra identità; un legame affettivo perchè è nel ricordo dei nostri avi; un legame sociale perchè unisce le persone che vivono lo stesso territorio.

Una tradizione che ci racconta come Palombara sia un paese nato con l’agricoltura e da sempre celebrato per i suoi prodotti tipici, dall’olio alle ciliegie fino alle pesche.

Una tradizione nata nel 1925 e che quest’anno si avvia verso l'87^ Edizione (la Sagra è stata interrotta per due anni durante la 2^ Guerra Mondiale).

Passa il tempo e cambia la gente, ma la massima espressione dell’essere palombaresi è stata, è e speriamo sarà la Sagra delle Cerase.

“Nel 1925 è stato inventato il primo Corso dei Fiori, nel quale hanno cominciato a sfilare carri allegorici decorati con fiori. Vinse la gara una Fiat 509 trasformata in monoplano con l’aggiunta di due ali ed un’elica. Nasceva in quel mese di maggio la manifestazione primaverile in omaggio ai fiori ed in un secondo tempo al frutto, che qualche anno dopo si sarebbe chiamata Sagra delle Cerase… Da quel lontano 1925, la sfilata di carri allegorici ha assunto dunque un carattere competitivo fra i vari laboratori di falegnameria di Palombara i quali si sfidano sul campo professionale. Recentemente si sono aggiunti a loro dei clan di giovani, presieduti spesso da un mastro artigiano, per cui la Sagra oggi si può dire una disfida che accende gli animi, che suscita gioie incontenibili o atroci amarezze…” - Franco Pompili da "Mondo Sabino", 6 giugno 1992.

La Sagra è il fiore all’occhiello di Palombara, il suo biglietto da visita per chi viene da fuori, uno “spettacolo” che nei dintorni non ha eguali, con un nome che ormai all’esterno si pubblicizza da solo.

Che si svolga la prima o la seconda settimana di giugno, il paese si trasforma in una vera e propria isola pedonale dove sono parecchi i foresteri a spasso per le strade, in attesa dell’arrivo dei carri allegorici.

Per noi palombaresi, invece, è qualcosa di viscerale, qualcosa che coviamo dentro e che aspettiamo con ansia e trepidazione, un pò come da bambini si freme per l’arrivo del Natale. Dall’organizzazione generale passando per le manifestazioni fino ai carri, le critiche (positive o negative che siano) sono sempre state molteplici e ciò a quantificare la passione dietro questo evento.

Un sentimento che però negli ultimi anni si sta affievolendo nel disinteresse, proprio perché la festa non appare più rappresentativa del nostro paese e della nostra storia. I rioni non più addobbati come una volta, le strade - dove si contano più visitatori che residenti - diventate un mero susseguirsi delle solite bancarelle a scapito della valorizzazione dei prodotti tipici e dell’artigianato, gli spettacoli ridotti all’osso e di scarsa attrattiva, sono il segno dei tempi che cambiano, ed in peggio.

E mancando la partecipazione attiva della maggioranza dei palombaresi, è quasi fisiologico che si crei una specie di effetto domino a far scemare via via l’arrivo di turisti da fuori.

Basti vedere le ultime edizioni e come il numero delle presenze sia costantemente in calo rispetto al passato.

Perché dimenticare da dove veniamo? Eppure il passato è un punto cardine del nostro essere. Non possiamo permettere che venga relegato nella sfera dei “bei ricordi”, quando dovrebbe essere lo stimolo per migliorare il nostro oggi e per pensare il nostro futuro. Dobbiamo ripartire da ciò che stiamo abbandonando, ovvero le tradizioni, e nel nostro caso “LA TRADIZIONE”. Abbiamo, grazie a chi nel tempo non si è arreso davanti alle molteplici difficoltà, la Sagra più antica d’Europa: è una cosa che dovrebbe renderci fieri e stimolarci ad esportare e far conoscere la cultura che il nostro paese si porta dietro.

Per fortuna c’è ancora chi crede nel valore della Sagra e cerca di portarne avanti il prestigio.

Ad esempio, la sfilata “Miss Cerasara”, curata da alcune cittadine, continua imperterrita a tenere vivo il costume tradizionale e, con eventi ad hoc, va accrescendo la curiosità della popolazione e dei visitatori.

E poi ci sono i carristi che, nonostante le difficoltà (addirittura il Comune non ha ancora corrisposto i premi dello scorso anno), sono da sempre gli autentici protagonisti e la vera calamita ad attrarre l’interesse pubblico.

Una festa collettiva, quindi, che dovrebbe essere il risultato di molte e diverse componenti, ma comunque seguite e coordinate dalla Pro-Loco: un comitato di volontari che proprio la scorsa settimana ha eletto Fabio Trugli come nuovo Presidente.

Di soldi, si sa, ne girano pochi e, inevitabilmente, diventano fondamentali le idee e la programmazione; ma per le motivazioni di cui sopra, appaiono evidenti le criticità nell’organizzare un evento dignitoso, mancando una piena autonomia delle figure di riferimento e di risposte istituzionali.

Oltre al fatto che è sempre meno la gente coinvolta ed appassionata pronta a caricarsi una tale “patata bollente”.

La Sagra delle Cerase si trascina stancamente da troppi anni seguendo il solito e monotono schema, senza progressi concreti, quando potrebbe essere un veicolo fondamentale per lo sviluppo dell’economia e del turismo locale.

Senza contare che oggi più di ieri, Palombara ha un urgente bisogno di ritrovare un’identità comune anziché restare schiava delle divisioni sociali e politiche, e lo può fare solo rispolverando e dando lustro a quelle tradizioni che dal passato uniscono per creare una nuova realtà ed un nuovo futuro.

C’è da lavorare, c’è da sudarci sopra, ma nulla è impossibile se si cammina insieme anziché delegare agli altri la riscoperta delle nostre origini.

Ovviamente, questa voleva essere solo una panoramica e presto approfondiremo gli aspetti più rilevanti della manifestazione. Però è giusto parlarne, perché la prossima Sagra si avvicina e capiterà proprio poco dopo le elezioni comunali.

Pensate che qualcuno se ne stia preoccupando?

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