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San Biagio, Patrono di Palombara

Come ogni anno, il 3 febbraio ricorre la festività del nostro Patrono… ma qual è la storia di questo Santo e della Chiesa a lui dedicata?

L’origine del culto di San Biagio si perde tra le lontane terre d’Oriente, precisamente nella città armena di Sebaste, della quale fu vescovo. Perseguitato per la sua fede cristiana dai Romani, dopo un periodo trascorso in eremitaggio sul monte Argeo, fu condannato e decapitato, in seguito ad un doloroso martirio: era il 3 febbraio del 316 d.C. Alla figura di questo santo, vescovo e martire, sono attribuiti vari miracoli, ma il più famoso resta il salvataggio di un ragazzo che rischiava di morire soffocato a causa di una lisca di pesce: l’uso di ungere la gola con l’olio benedetto, andando a disegnare una croce, si svolge anche a ricordo di questo episodio.

È un gesto che viene riportato già nel VI secolo dal medico bizantino Ezio di Amida, nella parte dedicata ai mali della gola del suo trattato Medicinales. Egli riporta, infatti, che se l’osso non accenna ad uscire, bisogna fare il segno della croce e pronunciare le parole che Biagio martire soleva dire in tali casi: “aut adscende, aut descende” ovvero “ascendi o discendi”.

Il culto sembra giungere in Italia intorno al VI secolo, quando i primi monaci orientali iniziano ad arrivare nella nostra penisola. Si è ipotizzato che una piccola cella di questa comunità religiosa, si presume “basiliana”, s’installò presso l’Abbazia di San Giovanni in Argentella e che fu probabilmente legata anche al primo edificio di culto dedicato a San Biagio, sul quale sorgerà la nuova chiesa nel 1101.

La precisa datazione del secondo edificio dedicato al Santo armeno è stata resa possibile grazie all’epigrafe medievale in esametri ritrovata all’interno: è proprio questa diretta testimonianza dell’antico passato del nostro paese ad aprire una finestra nel tempo, che ci permette di affacciarci direttamente agli albori del XII secolo quando, per volontà dell’arciprete Giovanni, dell’allora conte di Palombara Ottaviano e dei suoi eredi, Oddone e Rinaldo, fu eretta la grande chiesa: una parte andava ad installarsi direttamente sull’edificio più antico, a sorreggere poi il nuovo presbiterio.

L’epigrafe non è però l’unico reperto scovato nella nostra parrocchia: durante i lavori del 1998, infatti, fu rinvenuto un ossario calcareo di epoca romana, con all’interno un reliquiario vitreo. Non si esclude che potesse contenere addirittura parte degli stessi resti del santo. Il documento marmoreo fu invece ritrovato nella seconda metà del 1800, quando l’orientamento interno dell’edificio venne invertito, andando ad originare l’assetto moderno che tutti conosciamo. Al posto dell’antico ingresso, infatti, s’installò la grande abside con l’apoteosi del santo, opera del pittore lombardo Raffaele Casnedi, mentre dove c’era l’altare, fu aperto l’ingresso tramite cui è possibile accedere ancora oggi.

Un tempo, infatti, la vita del feudo si svolgeva all’interno delle sue mura e la chiesa di San Biagio è un valido esempio della diversa situazione topografica che caratterizzava in passato il nostro paese. Con la crescita urbana e l’apertura verso nuovi spazi all’esterno dell’antico borgo medievale, anche l’edificio sacro assurse a nuova vita, continuando a rappresentare sempre e comunque un antico cardine e un sacro protettore della nostra antichissima storia.

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